Trento, 24 gennaio 2006
«QUESTIONE DELEGHE. GIUSTO DISCUTERNE»
Boato: ma il tema non è legato al caso Demattè
Intervista a Marco Boato
del Corriere del Trentino di martedì 24 gennaio 2006
«Trovo inopportuno legare il tema di un riequilibrio delle deleghe alle vicende giudiziarie di questi giorni. Tuttavia il problema esiste e una riflessione dopo le politiche andrebbe fatta». Marco Boato misura le parole analizzando la crisi della Margherita e pur apprezzando «l’intervento coraggioso e opportuno di Dellai nell’assemblea di sabato», invita ad approfondire alcuni aspetti. «Non credo che il dibattito politico possa restare ancorato alle regole interne di un partito. Piuttosto l’analisi va fatta sulla prima applicazione della legge elettorale e della nuova forma di governo dove si è avuto un esercizio dei poteri presidenziali sbilanciato a vantaggio di un partito. Questo ha favorito l’identificazione della Margherita con le istituzioni» osserva il deputato dei Verdi.
Come analizza la fase di difficoltà della Margherita?
«Nel complesso registro una risposta forte, determinata ed esplicita. Vedo una maggiore difficoltà da parte degli esponenti roveretani, ma credo sia da ricollegare ai rapporti di amicizia con Demattè. Mi premerebbe però che si alzasse il livello del dibattito».
Si spieghi meglio.
«Una volta che il problema è emerso bisogna anche dare risposte politiche per evitare di scadere nelle generalizzazioni e nei sospetti. Per esempio, sottolineo come si sia riflettuto poco sulle difficoltà politiche che hanno visto protagoniste Margherita, Ds e Patt alle ultime amministrative. Nago-Torbole, Mori, Ala, Lavis e Rovereto non si cancellano».
E Rovereto è salito alla ribalta delle cronache in questi giorni.
«Proprio per questo motivo non andrebbe archiviata frettolosamente la questione. Maffei è stato liquidato anche da chi ce lo aveva proposto. Al tavolo del centrosinistra ci eravamo spesi per difendere tutti i sindaci uscenti. Risultato? La sconfitta a Rovereto è stata addirittura seguita da ammiccamenti di carattere politico con Guglielmo Valduga tanto che Maffei ne ha tratto le conseguenze. Queste sconfitte politiche di volta in volta determinate dalla Margherita, dal Patt e dalla sinistra non sono mai state analizzate».
Qualcuno ha posto enfasi sul nuovo statuto della Margherita. È una risposta?
«Da osservatore esterno, vedo con perplessità questa moltiplicazione di regole e regolette. Viviamo in uno stato di diritto e le regole già ci sono, non serve inventarne di nuove. Se per qualsiasi motivo una persona non può essere nominata negli organi di partito o candidata è sufficiente dirglielo, non serve una norma ad hoc per chi è stato condannato in primo grado. Personalmente ho dubbi anche sul Comitato etico: il rigore della politica si stabilisce con il rigore dei comportamenti e della linea che si segue. Dellai ha dato una risposta determinata e coraggiosa sulla vicenda giudiziaria, ma non lo ha fatto in modo altrettanto intelligente su vicende di carattere politico dove era in discussione la moralità rispetto alle responsabilità politiche».
Nella Margherita si rilancia sul partito democratico.
«È una soluzione debole immaginare di fare un partito nuovo di fronte ad un momento di crisi e sbandamento. Finora ho letto solo dichiarazioni giornalistiche, ma in Trentino non mi risulta che questo tema sia mai stato affrontato nelle sedi politiche. Almeno che non sia la rietichettatura del partito democratico nazionale con l’aggiunta del Patt. Inoltre non condivido un rilancio che avviene sulla base di una vicenda giudiziaria».
E la lista territoriale è fallita.
«Rappresentava un’opportunità per lanciare un progetto territoriale, ma è stata affondata. E adesso assistiamo alle oscillazioni del Patt che pencola tra centrosinistra e Svp in attesa della migliore offerta. Mi sembra assurdo che si richiami un fantomatico partito democratico autonomista quando si è sempre rifiutato di essere organici al centro-sinistra mantenendo aperto un conflitto con la sinistra. Sulle politiche mi sorprendono inoltre le dichiarazioni di Margherita Cogo: dice di presentarsi tutti insieme alla Camera, ma lo sa che a livello nazionale ci saranno sette liste?».
Pinter ha rilanciato il problema di una maggiore corresponsabilità nel governo riequilibrando le deleghe.
«Trovo giusto su questo terreno che Dellai non leghi il problema delle deleghe alla vicenda giudiziaria. È inopportuno, ma non condivido quando bolla come volgare l’analisi di Pinter. Quest’ultimo pone un problema che esiste. C’è stato un vizio d’origine nella formazione della giunta: Dellai si è dimostrato intelligente nel salvaguardare il pluralismo, ma ha poi accentrato nella Margherita, di cui è il leader, tutte le competenze con ricadute territoriali. I gruppi di potere hanno individuato nella Margherita l’interlocutore politico-istituzionale, è questo il punto».
Quindi?
«Se c’è un limite nell’analisi di Pinter è che dopo 5 anni di rapporto strettissimo con Dellai, adesso è passato alla critica permanente. In piccolo mi sembra un comportamento analogo a quello di Achille Occhetto. Ma la questione delle deleghe c’è e noi per primi avevamo sottolineato la necessità di aprire una riflessione a metà percorso».
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